Relatività generale

La Relatività generale è una teoria fisica pubblicata da Albert Einstein nel 1915. Essa e la sua derivata teoria di Brans-Dicke, costituiscono le due sole teorie metriche della gravitazione che non siano falsificate dagli esperimenti attuali.

Come disse lo stesso Einstein, fu il lavoro più difficile della sua carriera di teorico a causa delle difficoltà matematiche da superare, poiché si trattava di far convergere concetti di geometria euclidea in uno spazio che poteva non esserlo.
Le basi matematiche erano state esplorate in precedenza dal lavoro di Lobacevskij, Bolyai e Gauss, che avevano dimostrato la non necessarietà del quinto postulato di Euclide (enunciabile nella forma di Playfair con l’affermazione due rette parallele restano sempre equidistanti); inoltre il formalismo per uno spazio non-euclideo era stato sviluppato da Riemann, studente di Gauss. Tale formalismo era stato messo da parte come non applicabile alla realtà, fino all’introduzione appunto della relatività generale.

Riflessioni iniziali e Relatività Speciale

Uno dei motivi che spinsero Einstein ad indagare in questa direzione fu una questione di simmetria: la relatività ristretta aveva stabilito l’uguaglianza di tutti i sistemi inerziali, lasciando fuori i sistemi accelerati, che possono collegarsi solo tenendo conto di forze ben individuabili con vari esperimenti. Questo poneva i sistemi inerziali su una posizione privilegiata, diversa rispetto ai non inerziali, fatto che turbava Einstein dal punto di vista della completezza e dell’eleganza della struttura teorica.

In più, la relatività ristretta aveva mostrato che lo spazio ed il tempo devono essere trattati insieme se si vogliono ottenere risultati coerenti; il tempo era diventato una coordinata come le altre 3 e ad impedire certi movimenti in questo spazio a 4 dimensioni c’è solo il principio di causalità.

Un celeberrimo esperimento ideale, noto come ascensore di Einstein, fu l’intuizione da cui prese le mosse tutto il successivo sviluppo della teoria: su un ascensore in caduta libera dovuta a un campo gravitazionale, senza possibilità di vedere all’esterno, un osservatore supporrebbe di essere in assenza di gravità; per provarlo, egli lascia cadere una moneta ed osserva che la moneta resta alla stessa altezza nella cabina ovvero non cade rispetto ad essa, che per l’osservatore è l’unico punto di riferimento. Questo porterebbe allora a dire che un sistema in caduta libera in un campo gravitazionale, è indistinguibile (almeno per un certo periodo) da un altro non sottoposto ad alcuna forza.
D’altra parte, quando l’ascensore posto in un campo gravitazionale sta fermo, l’osservatore sente la forza di gravità (e una moneta lasciata libera cade ai suoi piedi); non appena l’ascensore inizia a cadere, la moneta resta a mezz’aria: in questo caso l’osservatore può pensare che sia comparso all’improvviso un campo gravitazionale dalla direzione del soffitto, che bilancia esattamente quello di partenza; di nuovo non può decidere quale delle due situazioni si sta verificando.

Quindi, i sistemi accelerati non dovevano essere così eccezionali.

Da questi presupposti, Einstein cercò di costruire una visione della realtà parallela a quella della legge d’inerzia: mentre per la legge d’inerzia un corpo non sottoposto a forze si muove di moto uniforme (velocità costante in modulo e direzione e quindi lungo una retta), un corpo sottoposto alla sola gravità si muove nello spazio-tempo, deformato dal campo gravitazionale, lungo una traiettoria che costituisce il percorso più breve tra due punti (in uno spazio euclideo, quindi non deformato, tale traiettoria coincide proprio con il segmento rettilineo che unisce due punti).

Dalla relatività ristretta alla relatività generale

In regioni dello spazio-tempo a 4 dimensioni infinitamente piccole, per le quali è possibile un’accelerazione del sistema di coordinate in maniera da non indurre alcun campo gravitazionale, resta valida la relatività ristretta. Vale, cioè, che:

ds2 = − (dX1)2 − (dX2)2 − (dX3)2 + (dX4)2

Il valore del ds non dipende dal sistema di coordinate ( da dove colloco l’origine degli assi e dal suo orientamento). Questo sistema è fatto di 4 assi cartesiani e, perciò, non è disegnabile, sebbene segua le regole di una geometria euclidea. Einstein introduce il concetto di coordinata temporale, che si aggiunge ai tre assi "spaziali" del sistema cartesiano. La precedente formula è un risultato fondamentale della relatività ristretta: essa può essere generalizzata tramite un cambio di coordinate.

Tuttavia, è necessaria una scelta conveniente del sistema di coordinate: occorre che l’unità di misura della coordinata temporale x4 sia scelta in modo che la velocità della luce nello spazio vuoto, misurata nel sistema locale, sia pari a 1. Resta libera la scelta delle tre coordinate spaziali.

Misurando lo spazio e il tempo, l’equazione consente di determinare la lunghezza dell’elemento lineare ds che congiunge due punti dello spazio-tempo infinitamente vicini. L’equazione è la definizione di questa grandezza fisica, che resta definita in quanto misurabile.

Nonostante si tratti di un termine quadratico, ds2 può assumere valore negativo: seguendo l’impostazione di Minkowski, se ds2 < 0 l’elemento ha natura di uno spazio (termini spaziali prevalenti su quello temporale); viceversa, se ds2 > 0, l’elemento ha natura di un tempo. In definitiva, non c’è una netta demarcazione fra spazio e tempo, ma appunto un "continuum": si dice che è uno spazio o un tempo, a seconda che l’elemento è "più uno spazio" o "più un tempo", in base alla componente che prevale. Analoga conferma viene dalla matrice simmetrica del tensore fondamentale, mostrata a conclusione del paragrafo, nella quale in presenza di un campo gravitazionale compaiono componenti miste, che appartengono a due delle 4 dimensioni del continuum.

Facendo tendere a zero il ds, con la relatività ristretta si ricava la propagazione della luce.

L’equazione, che assegna un segno opposto alle coordinate spaziali e a quella temporale, afferma che dove lo spazio si contrae il tempo si dilata (passa più lentamente) e, viceversa, dove lo spazio si dilata, il tempo si contrae.

Propriamente, un punto non ha significato fisico. L’elemento base della teoria è detto punto piccolo infinitesimale, che in realtà è un segmento piccolo arbitrariamente che tende a una lunghezza zero, ossia due punti che tendono a coincidere in uno solo.

Il passo successivo è la definizione di una geodetica, ossia di una traiettoria "naturale" del punto nello spazio-tempo. Come l’elemento lineare ds, essa è una linea che unisce due punti dello spazio tempo. La particolarità è che per una geodetica si ha un estremo per . La geodetica pertanto non dipende dal sistema di riferimento, in quanto legata, nella sua definizione, ad una somma (integrale nel continuo) di elementi lineari ds la cui definizione non dipende dal sistema di coordinate.

Einstein tratta il tema nel paragrafo "Relazione delle quattro coordinate con le proprietà metriche dello spazio e del tempo. Espressione analitica per il campo gravitazionale".

Definito l’elemento ds e la sua natura di spazio o tempo, a seconda del segno positivo o negativo, scrive:

<<All’elemento lineare di cui ci stiamo occupando, vale a dire ai due punti-eventi infinitamente vicini, corrisponderanno anche certi differenziali dx1,…,dx4 delle coordinate quadridimensionali del sistema di riferimento prescelto.

Se tale sistema e il sistema "locale" del genere descritto sopra sono dati per la regione in esame, i differenzali dx, possono venire rappresentati mediante espressioni lineari omogenee dei dxσ, ossia:

dXν = dxσ.

Sostituendo nella formula per il calcolo di dX, si ottiene:

ds2 = gστdxσdxτ,

ove le componenti gστ saranno funzioni delle xσ le quali non possono ulteriormente dipendere dall’orientamento del sistema "locale" di riferimento. Ciò perché ds2 è una grandezza determinabile mediante misure fatte con campioni di lunghezza ed orologi appartenenti a punti-eventi infinitesimi prossimi nello spazio-tempo, e definiti indipendentemente da ogni particolare scelta delle coordinate.

Le gστ debbono venire scelte in modo tale che gστ = gτσ; la sommatoria deve essere estesa a tutti i valori di τ e σ , cosicché la somma consta di 4*4 addendi, 12 dei quali sono eguali a due a due.

Il caso dell’ordinaria teoria della relatività (Teoria della relatività ristretta, n.d.A.) si deduce da quello considerato allorquando è possibile, a motivo delle particolari relazioni delle gστ in una regione finita, scegliere il sistema di riferimento in quella regione in modo tale che le gστ assumano ovunque i valori (costanti):

Introdotta la matematica dei tensori, vettori covarianti e controvarianti, completa la trattazione dell’elemento ds:

<<Nell’espressione invariante del quadrato di elemento lineare ds2 = gμνdxμdxν si comportano come quelle di un vettore controvariante che può venir scelto arbitrariamente.

Poiché d’altra parte è noto che gμν = gνμ, concludiamo che gμν è un tensore doppio covariante. Ad esso diamo il nome di "tensore fondamentale">>.

dxμ e dxν sono vettori controvarianti che possono essere scelti arbitrariamente.

Quindi, Einstein applica la matematica del tensore e le proprietà del tensore fondamentale, per dedurre il tensore di Riemann-Christoffel.

Fondamenti della teoria

In presenza di sistemi accelerati (o, che è lo stesso, sistemi sotto l’influenza della gravità), si possono definire come inerziali solo zone locali di riferimenti e per brevi periodi. Questo corrisponde ad approssimare con una superficie piana ciò che sarebbe una superficie curva su larga scala. In tali situazioni valgono ancora le leggi di Newton.

Ora il principio di equivalenza afferma che non esiste un esperimento locale per distinguere tra una caduta libera in un campo gravitazionale ed un moto uniforme in assenza di campo (ascensore di Einstein)

Matematicamente, Einstein descrive lo spazio-tempo come uno pseudo-spazio di Riemann a 4 dimensioni; la sua equazione di campo lega la curvatura in un punto al tensore energia in quel punto, essendo tale tensore dipendente dalla densità di materia ed energia.
L’equazione di campo indicata da Einstein non è l’unica possibile, ma si distingue per la semplicità dell’accoppiamento tra materia/energia e curvatura.

Tale equazione contiene un termine Λ, chiamato costante cosmologica, introdotto da Einstein per permettere un universo statico. Nella decina di anni successiva, osservazioni di Hubble mostrarono che l’universo è (o comunque appare) in espansione ed il termine cosmologico venne omesso (lo stesso Einstein giudicò la sua introduzione l’errore più grave da lui commesso nella vita). Sembra però che Einstein fosse condannato ad avere ragione anche quando sbagliava: come successe per la teoria dei quanti, che contribuì a fondare per poi ritenere sbagliati certi principi (come il principio di indeterminazione di Heisenberg), anche la costante cosmologica è stata riabilitata. Nel 1998, l’osservazione dello spostamento verso il rosso di supernove lontane, ha costretto gli astronomi a impiegare una costante cosmologica per spiegare l’accelerazione dell’espansione dell’Universo.

La forma dell’equazione di campo è:

dove:
: tensore di curvatura di Ricci,
: scalare di curvatura di Ricci, cioè la traccia di
: tensore metrico,
: costante cosmologica,
: tensore stress-energia,
: velocità della luce,
: costante gravitazionale.

Il tensore descrive la metrica dello spazio-tempo ed è un tensore simmetrico 4×4, che quindi ha 10 componenti indipendenti. Si deve però tenere conto della libertà di gauge della teoria: è possibile effettuare una trasformazione qualunque sulle quattro coordinate, il che porta a sei le componenti effettivamente indipendenti.

Soluzioni dell’equazione di campo

Le soluzioni dell’equazione di campo dipendono dal sistema che si sta considerando. Possono inoltre distinguersi in soluzioni locali o globali.

Le soluzioni locali, in cui si considera per esempio una massa posta nell’origine del sistema di riferimento, presuppongono una metrica che descriva uno spazio-tempo piatto per grandi distanze dall’origine. Queste soluzioni si dividono a seconda dei valori assunti dai parametri m (massa), a (momento angolare), Q (carica elettrica), tutte quantità espresse con la convenzione semplificativa G = c = 1. Ovviamente nel caso Q sia non nulla, oltre all’equazione di campo di Einstein, si dovranno risolvere simultaneamente le equazioni di Maxwell del campo elettro-magnetico. Inoltre si distinguono soluzioni nel vuoto quando Tik è nullo, o nella materia quando Tik è non nullo (per materia si intende sia massa che energia).

Le soluzioni più conosciute utilizzate in cosmologia sono

Vi sono poi quelle utilizzate per lo studio teorico dei buchi neri, derivate ponendo Λ = 0 e Tik = 0:

  • m≠0, a=0, Q=0 (corpo dotato di massa, non rotante, scarico): soluzione di Schwarzschild.
  • m≠0, a≠0, Q=0 (corpo dotato di massa, rotante, scarico): soluzione di Kerr.
  • m≠0, a=0, Q≠0 (corpo dotato di massa, non rotante, carico): soluzione di Reissner-Nordstrøm.
  • m≠0, a≠0, Q≠0 (corpo dotato di massa, rotante, carico): soluzione di Kerr-Newmann.

Dal precedente prospetto si può vedere come, una volta ricavata la metrica (ovvero il ) di Kerr-Newmann, si possano ricavare tutte le altre per semplificazione, ponendo di volta in volta i vari parametri a zero.

Nel 2005 Franklin Felber ha pubblicato la prima soluzione delle equazioni di campo per corpi in movimento, generalizzando poi il risultato in un metodo per ricavare soluzioni esatte delle equazioni differenziali tramite il calcolo frazionale [1]. La soluzione di Felber descrive una caratteristica spinta antigravitazionale, dal punto di vista di un osservatore esterno, per una massa che cade in un buco nero in movimento [2]

Metrica di Kerr-Newmann

La metrica di Kerr-Newmann è dunque con m≠0, a≠0 e Q≠0, ed è quindi a simmetria assiale:

dove

  • Δ = r2 − 2Mr + Q2 + a2

raccogliendo i termini con i differenziali simili

ds2

− ΣΔ − 1dr2

si può scrivere la matrice che rappresenta il tensore metrico

Metrica di Kerr [modifica]

Annullando Q nella metrica di Kerr-Newmann si ottiene la metrica di Kerr, soluzione dell’equazione di campo (senza campo elettromagnetico), anch’essa a simmetria assiale:

dove ora

  • Δ = r2 − 2Mr + a2

Operando lo stesso tipo di raccoglimento che per la metrica di Kerr-Newmann, si può scrivere la rappresentazione matriciale del tensore metrico

Metrica di Reissner-Nordstrøm [modifica]

Se nella metrica di Kerr-Newmann, invece della carica elettrica Q, si annullasse il momento angolare a, si otterrebbe la metrica di Reissner-Nordstrøm, a simmetria sferica:

dove

Δ = r2 − 2Mr + Q2

Σ = r2

e la rappresentazione matriciale è

Metrica di Schwarzschild

Se infine si pongono a=0 e Q=0 si ottiene la metrica di Schwarzschild, soluzione delle equazioni di Einstein (senza campo elettro-magnetico) in simmetria sferica. Si avrà quindi

sapendo che ora

Δ = r2 − 2Mr

Σ = r2

e in forma matriciale su avrà

La metrica è singolare nei punti ove è singolare la matrice gik (in tal caso si estende il concetto di singolarità per comprendere anche ). Per la metrica di Schwarzschild ciò avviene quando

  • r = 0

Nel primo caso si ha una singolarità eliminabile cambiando coordinate (passando ad esempio alle coordinate di Kruskal). Il valore R = 2M è noto come raggio di Schwarzschild (ovvero la distanza dal centro del buco nero a cui si forma l’orizzonte degli eventi). Il fatto che tale singolarità sia dovuta solo ad una cattiva scelta delle coordinate è verificato facilmente sapendo ad esempio che lo scalare di curvatura non è ivi divergente, o notando che le geodetiche possono essere prolungate attraverso l’orizzonte degli eventi. Nel secondo caso, viceversa, si tratta di una singolarità non eliminabile e corrisponde ad una curvatura infinita dello spazio-tempo (lo scalare di curvatura è divergente), spesso raffigurata come un imbuto senza fine, una smagliatura nel tessuto spaziotemporale.

Conferme sperimentali

Pur essendo stata formulata quasi un secolo fa, ancora oggi la relatività generale resta per molti un quadro piuttosto oscuro, che probabilmente ancora oggi pochi riescono a comprendere appieno, come disse anche lo stesso Feynman.
A tutt’oggi vengono proposti esperimenti per la conferma o meno di tale teoria, che al momento attuale ha sempre resistito agli attacchi. Sono indicati qui sotto solo i più importanti.

La prima conferma, poi rivelatasi impropria, si ebbe nel 1919, quando osservazioni di Arthur Eddington durante un’eclisse di Sole confermarono la visibilità di alcune stelle vicine al bordo solare, che in realtà avrebbero dovuto essere invisibili: i fotoni luminosi venivano deviati dal Sole della quantità prevista dalle equazioni. In realtà, le osservazioni avevano un errore medio dello stesso ordine di grandezza dell’effetto considerato. La prima vera conferma fu la spiegazione del moto di precessione del perielio di Mercurio, inspiegabile con la gravitazione Newtoniana, ma previsto dalla relatività generale.

Un’altra conferma più recente, ma ormai completamente accettata dalla comunità scientifica, è l’effetto lente gravitazionale di cui le osservazioni di Eddington sono un caso particolare. La luce emessa da una sorgente lontana, transitando nelle vicinanze di un oggetto molto massiccio può venire deviata, con un effetto complessivo che può sdoppiare (o meglio trasformare in un anello), l’immagine della sorgente.

È relativamente recente la scoperta indiretta dell’esistenza dei buchi neri, oggetti pesanti e compatti, dalla cui superficie non può sfuggire (quasi) nulla, essendo la velocità di fuga superiore a quella della luce. Quasi nulla in quanto il fisico Stephen Hawking ha dimostrato come i buchi neri evaporino perdendo particelle, per lo più fotoni, tanto più velocemente quanto più piccola è la massa del buco nero. Questo risultato deriva direttamente dalla conservazione del secondo principio della termodinamica, ed è stata la prima applicazione congiunta di relatività generale e meccanica quantistica.

Sono recentemente in atto alcuni esperimenti per la registrazione di onde gravitazionali, anch’esse previste dalla teoria: tali onde si svilupperebbero quando due corpi con un enorme campo gravitazionale orbitano a distanza ravvicinata l’uno con l’altro. Uno dei più grandi rilevatori è il progetto VIRGO, situato a Cascina, vicino Pisa.

Un altro risultato che confermerebbe la teoria è il cosiddetto frame dragging, ossia il trascinamento del sistema di riferimento da parte di masse in rotazione: oltre alla sonda Gravity Probe B della NASA, un articolo di un ricercatore dell’Università di Bari ha utilizzato i dati dell’ orbita del satellite Mars Global Surveyor (MGS), confermando entro l’errore di meno dell’1% le previsioni della teoria (Iorio 2007).

Nel 2004 alcuni ricercatori della Cornell University hanno provato a simulare una diversa costante gravitazionale per fermioni e bosoni, e hanno rilevato che questa ipotesi sembra essere in accordo con l’abbondanza relativa dell’elio nell’universo primordiale.

Tuttavia il destino della relatività generale è segnato, così come quello della meccanica quantistica: infatti la prima è una teoria classica, in cui non si tiene conto del carattere quantizzato della materia e dell’energia, e quindi va intesa come una media su un numero grande di particelle, le cui previsioni cessano di essere valide quando si raggiungono condizioni tipiche delle interazioni quantistiche, ossia per tempi vicini al tempo di Planck e lunghezze prossime alla lunghezza di Planck; la seconda, invece, non tiene conto degli effetti relativistici, ponendo le particelle in uno spazio-tempo assoluto, e dunque le sue previsioni cessano di essere valide quando gli effetti relativistici diventano significativi.

L’unificazione delle due teorie, la cosiddetta teoria quantistica della gravitazione è uno degli obiettivi più importanti per la fisica del XXI secolo.

ASPETTO COMMENTI E DISCUSSIONI A RIGUARDO

Questa voce è stata pubblicata in Fisica. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento